Wolbeck, nei pressi di Münster, 2 febbraio 1534

Tile Bussenschute, detto il Ciclope, di mestiere scatolaio, è un essere enorme, mitologico.
Bussenschute è una di quelle creature che senti nominare dalle madri spazientite: - Se non dormi chiamo lo Scatolaio...
In lui tutto assume il carattere dell'enormità, a eccezione del cervello. Non so cosa gli abbia raccontato Kibbenbrock, che è andato a prelevarlo nella sua bottega, ma anche se gli avesse spiegato la questione per filo e per segno, sono convinto che lo scatolaio non abbia la piú pallida idea di quello che sta facendo. Si dimena infastidito nell'unico vestito elegante che siamo riusciti a fargli indossare: viene dal guardaroba di Knipperdolling e ha delle impressionanti difficoltà a contenere la pancia, il culo e gli innumerevoli doppi menti del nostro capo delegazione. Generalmente non parla, grugnisce; dicono che lo hanno rovinato tre anni di galera per omicidio: faceva il facchino e sulla scalinata di un palazzo lanciò a un aiutante un peso talmente enorme da fargli perdere l'equilibrio, rotolare per un'intera rampa e finire schiacciato.
Immediatamente dietro a Bussenschute, completamente coperto dalla sua mole, avanza Redeker, che con il nostro scatolaio ha condiviso per qualche tempo una delle celle della prigione vescovile. Il vizio di farsi la borsa altrui non gli è certo passato, ma ha la pessima abitudine di vantarsi pubblicamente delle proprie gesta e questo prima o poi gli procurerà dei guai.
Chiude il terzetto Hans von der Wieck, leguleio, che fin da subito si è candidato per prender parte alla delegazione. Crede veramente di poter negoziare la pace con il vescovo e i luterani e non ha saputo tirarsi indietro neppure quando abbiamo deciso di trasformare l'incontro in una carnevalata.
Il vescovo ha convocato questa Dieta per trovare un compromesso tra le parti che gli consenta di rientrare in città e se fosse per il borgomastro Judefeldt, al quale la partecipazione alla delegazione cittadina spetta di diritto, un compromesso lo troverebbero eccome, a danno nostro: von Waldeck concede alcune libertà municipali per accontentare i ricchi luterani amici di Judefeldt, riprende il controllo del suo principato, liquida i battisti e il popolo se lo prende nel culo. Divide et impera, storia vecchia.
Non c'era molto altro da fare che far saltare tutta la messa in scena. Abbiamo costretto Judefeldt e il Consiglio ad accettare la presenza dei rappresentanti del popolo di Münster scelti per l'occasione: un gigante mostruoso, un ladro di strada, un azzeccagarbugli fallito, e tutti noi a guardar loro le spalle.
Saliamo le scale uno dietro l'altro, in fila ordinata, cercando di darci un contegno. Knipperdolling ha le lacrime agli occhi e dalle labbra serrate a fatica sputacchia piccoli frammenti della sua monumentale risata. È lui che per primo ha fatto quel nome, quando si cercava un capo delegazione che fosse all'altezza dei nostri propositi: - Tile il Ciclope! Sí, sí, è l'uomo che fa al caso nostro!
La sala della Dieta, in casa del cavaliere Dietrich von Merfeld, una delle lingue piú illustri tra quelle che leccano il culo del vescovo: travi del soffitto intarsiate, arazzi alle pareti in uno stile grossolano, uno spaccone da quattro soldi. Gli scranni su cui stanno i vassalli del vescovo si aprono come le ali d'un uccello. L'ospite siede alla destra del trono, tronfio della parata in pompa magna: tutti i blasoni spianati a impressionare i poveri borghigiani ignoranti.
Il trono nel mezzo, i poggiamano di legno a forma di teste di leone, lo stemma vescovile accanto a quello della sua casata a campeggiare sulla vetta dello schienale.
Imponente, nero da capo a piedi.
Stivali lucidi; brache di lana fine e una blusa elegante; la fibbia della cintura che regge la spada, dagli intarsi sull'elsa una toledana purosangue; l'anello vescovile brilla al dito, oro e rubino, e sul petto il medaglione principesco dell'Impero. Dentro, un corpo magro ed eretto.
La faccia del nemico.
Capelli d'argento e barba grigia, il volto scavato, senza guance, il tarlo del potere che lo mastica da anni.
Von Waldeck: cinque decenni ben portati e lo sguardo dell'aquila che avvista la preda dall'alto.
Eccoci qua.
Tile Bussenschute, messo in soggezione dagli ori e dagli stucchi, si prodiga in un inchino, con grave pericolo per le cuciture e i bottoni dell'abito di Knipperdolling.
Uno dei cavalieri del vescovo si contorce sul sedile, allunga il collo e si alza con le mani sui braccioli nel tentativo di capire chi si nasconda dietro la montagna di carne che pian piano avanza verso il centro della sala. Finché il ciclopico scatolaio non si inchina cosí profondamente da far emergere, dietro di sé, il ghigno strafottente di Redeker.
È un attimo. Melchior von Büren, assalito sulla strada per Telgte non piú d'un mese fa e rapinato a volto scoperto, si trova di fronte l'uomo che gli ha scippato le tasse delle sue terre. Forse non lo riconosce subito: strizza gli occhi per vederci meglio. Heinrich Redeker non si trattiene, scatta in avanti come a voler scavalcare d'un balzo la schiena che ha di fronte, rosso in faccia, petto in fuori.
- Ti rode ancora il culo, amico? - esclama a denti stretti.
Il derubato per tutta risposta sguaina la spada con un gesto rapidissimo e la sventola in faccia all'allibito Bussenschute: - Battiti, carogna, pagherai ogni fiorino con una goccia di sangue.
- Intanto prendi qualche goccia di questo! - gli grida il nostro delegato sputandogli in piena faccia, da sopra le spalle del capodelegazione.
Il cavaliere vescovile cerca di rispondergli con un colpo del suo ferro. Il gesto innervosisce non poco Tile Bussenschute che si sente passare la lama a un dito dall'orecchio. La sua reazione è immediata: carica la mano aperta con tutto il braccio e la stampa sulla faccia dello spadaccino che crolla insieme alla sedia, travolgendo altri due cavalieri.
Judefeldt grida di farla finita e prova a frenare Redeker. Von Waldeck l'aquila non si scompone, non dice una parola; ci osserva con il miglior sguardo di disprezzo del suo repertorio. Redeker dà fondo al suo: insulti per i genitori, per i morti, per i santi protettori. Sradica l'albero genealogico dell'avversario con la forza del turpiloquio.
Il nostro von der Wieck schiamazza in mezzo alla confusione, cercando di darsi il tono dell'avvocato serio che non è mai stato: - Nel luogo prescelto per una Dieta vige l'immunità per tutti e il bando completo delle armi!
I suoi compari trattengono von Büren che vorrebbe raggiungere Redeker, Judefeldt si prodiga in vani tentativi di tranquillizzare tutti, imbarazzato e paonazzo come un bambino incapace.
La scena si blocca quando von Waldeck si alza in piedi. Rimaniamo impietriti. Il suo sguardo incenerisce la sala: ora sa che il borgomastro conta come un soldo di cacio, i suoi avversari siamo noi. Ci fulmina in silenzio, poi si gira sdegnato e si allontana, il passo zoppo, claudica fino all'uscita, scortato da von Merfeld e dalla sua guardia personale.

Nessun commento: