Münster, 13 gennaio 1534

Il nome latino, Monasterium, lascia pensare a un luogo di pace e lontananza dal mondo.
Münster al contrario chiede d'essere ferrata col fuoco.
Nove porte per accedere. Su ogni porta tre cannoni: pareti spesse, stretti i passaggi.
Quattro torrioni bassi e massicci escono verso i punti cardinali a stringere in avamposto la città.
Mura interamente percorribili da tre uomini affiancati la cingono tutta.
L'acqua del fossato è il corso deviato del fiume Aa che taglia in due la città.
Il fossato è doppio, acqua nera davanti alla prima cinta di mura e acqua nera dietro, scavalcata da piccoli ponti che accedono alla seconda cinta, piú bassa, marcata da torri tozze.
Inespugnabile.

***

- Fratelli e sorelle, i viandanti che aspettavamo sono giunti. Enoch ed Elia attraversano il mondo e arrivano a Münster per annunciare che l'ora è imminente, che i ricchi hanno i giorni contati, e il potere del vescovo sarà cancellato per sempre. Oggi sappiamo con certezza che ciò che ci attende è libertà e giustizia. Giustizia per noi, fratelli e sorelle, giustizia per chi viene tenuto in servitú, costretto a lavorare per un salario da fame, per chi ha fede e vede la casa del Signore imbrattata di immagini, e gli infanti venire lavati con l'acqua benedetta, come cani sotto una fontana.
Ieri ho domandato a un pargolo di cinque anni chi fosse Gesú. Sapete cosa ha risposto? Una statua. Questo ha detto: una statua. Per la sua piccola mente Cristo non è altro che l'idolo davanti al quale i genitori lo costringono a dire le preghiere prima di dormire! Per i papisti questa è la fede! Prima imparare a venerare e ubbidire, poi capire e credere! Che razza di fede può essere questa, e che inutile supplizio per i bambini! Ma li vogliono battezzare, sí fratelli, perché temono che senza il battesimo lo Spirito Santo non discenda su di loro. In questo modo l'atto della fede diventa secondario: le coscienze vengono lavate con l'acqua benedetta prima che si possano compiere peccati. E cosí il loro battesimo copre le nefandezze piú innominabili: il trarre lucro dal lavoro del prossimo, l'accumulare i possessi, la proprietà delle terre che voi coltivate, dei telai che voi fate funzionare. I vecchi credenti non vogliono permettere a nessuno di scegliere quale vita condurre, vogliono che voi lavoriate per loro e siate contenti della fede che vi consegnano i dottori. La loro è una fede di condanna, è la fede spacciataci dall'Anticristo! Ma noi, fratelli, noi vogliamo Redenzione! Noi vogliamo libertà e giustizia per tutti! Noi vogliamo leggere liberamente la parola del Signore e liberamente scegliere chi deve parlarci dal pulpito e chi rappresentarci in Consiglio! Chi decideva infatti dei destini della città prima che lo scacciassimo a pedate? Il vescovo. E chi decide ora? I ricchi, i notabili borghigiani, illustri ammiratori di Lutero solo perché la sua dottrina consente loro di resistere al vescovo! E voi, fratelli e sorelle, voi che fate vivere questa città, non potete mettere parola nelle loro sentenze. Voi dovete soltanto ubbidire, come sbraita lo stesso Lutero dalla sua tana principesca. I vecchi credenti vengono a dirci che i buoni cristiani non possono occuparsi del mondo, che devono coltivare la loro fede in privato, seguitando a subire in silenzio i soprusi, perché tutti siamo peccatori condannati a espiare.
Ma ecco qui i messaggeri di speranza, ecco chi viene ad annunciarci la fine del vecchio cielo e della vecchia terra, affinché noi ne pretendiamo altri. Questi due uomini hanno raccolto il nostro grido d'indignazione e sono venuti a portare testimonianza, come Enoch ed Elia, a dirci che non siamo soli, che il tempo è giunto. I potenti della terra saranno spodestati, i loro scranni cadranno, per mano del Signore. Cristo non viene a portare la pace, ma la spada. Le porte sono ora aperte per coloro che sapranno osare. Se penseranno di schiacciarci con un colpo di spada, con la spada pareremo quel colpo per restituirne cento!

Bernhard Rothmann. Ho davanti il coraggio, la rabbia, i coglioni, la forza immensa di una fede che non incontravo da molto tempo. Magister, se fossi qui ora, se fosse finita diversamente, forse avresti la sensazione che non è andato tutto perduto, che qualcosa, strisciando e risalendo sotto la cenere, è sopravvissuto e concima una nuova terra. Cento, duecento? Ho disimparato a contare le folle, tu me lo avevi insegnato, l'ho dimenticato. Ho dimenticato la forza, Magister, e tu non puoi insegnarmi piú niente. Sono un altro, forse un figlio di puttana, disilluso e rabbioso, eppure per la prima volta, dopo tanti anni, nel posto giusto. Qui dovevamo arrivare, da nessun'altra parte, a questa verità: non c'è fede senza conflitto. Cosí è sempre stato e anche se della mia fede non m'importa piú niente, oggi torna a bruciare qualcosa che avevo perso nella piana di maggio. È la consapevolezza che mi avevi dato: non libereremo mai i nostri spiriti, senza liberare i nostri corpi. E se non ci riusciremo, di questi corpi non sapremo che farcene: sono tempi in cui la miseria e la forca non sono poi tanto diverse. E allora vale ancora la pena spezzare il giogo e accettare quanto il destino ci consegnerà alla fine. Combatteremo ancora. Di nuovo. O moriremo provandoci.

Tocca a Jan di Leida adesso, pronto, deciso, una platea per lui. Lo sguardo scivola nel vuoto sopra le teste, non sbagliare Jan, è il tuo momento: posa d'attore, come al solito eccessiva, ridicola, vomita fuori parole assurde che acquistano senso poco alla volta nella mente, e trovano una sequenza particolare; colpiscono nel segno. Saranno i movimenti, i gesti, gli occhi strabuzzati e un istante dopo ammalianti, sarà la bellezza, la giovinezza, che ne so. So che funziona.

- Jan cammina per queste vie, senza meta come un naufrago alla deriva, e cerca un segno, un indizio, che faccia capire se proprio qui troverà ciò che cerca -. Il tono sale rapido: - Stupido coglione, figlio d'una cagna di Leida! Il segno non è intorno a te, non è nei muri, nei mattoni, nella calce, nei ciottoli, no, non troverai ciò che vai cercando. Il segno è la ricerca stessa, il segno sei tu che arranchi nel fango delle strade. Siete voi. Noi che siamo in cerca: noi che siamo l'adesso, il già e non ancora. I vecchi sono fermi, sono già stati. Vecchi credenti già morti. Il mattone della Cattedrale non dice nulla. I vostri sguardi invece dicono che Dio è qui, Dio è qui adesso, il Suo Spirito è tra di noi, in questa giovinezza, in queste braccia, questi muscoli, gambe, seni, occhi. Qualcosa di immenso si prospetta sulla soglia della vita, sporca, maledetta, insulsa vita di merda che credevi una scoreggia silenziosa nel piano divino. E invece no! Dio farà di te un soldato. Ascoltalo: Egli ti chiama a un'impresa. Ascoltalo, ascoltalo dentro. Ecco, lo senti chiamarti all'appello per nome, per l'ultima battaglia. Jan, ascolta, maledetto verme! - Gli occhi si stringono improvvisamente, due fessure azzurre, volano rasenti alle teste, planano, poi si alzano di nuovo, in un sibilo: - Sí, tu, buffoneciarlatanoputtaniere, perché è di questo che stiamo parlando, che ti credi!? Pensavi di lottare per uno straccio di carta imbrattata delle tue libertà civiche!? All'inferno! Dio ti sta parlando di ben altro: non di Münster, no, non di queste case, queste pietre, queste strade, non di tutto questo com'è ora. Ma di quello che diventa. Di voi e di me nella Città, fratelli! Dio non chiede di combattere per un trattato, non per una pace equa: ma di combattere per la Nuova Gerusalemme. Cielo e terra nuovi! Un mondo, il nostro nuovo mondo al di qua dell'Oceano! - Panico e di nuovo stupore negli sguardi. - Questa è la promessa che bandisce i ciarlatani, gli indecisi, gli inetti, la feccia sorda alla chiamata. Che ci mollino ora e raggiungano il cimitero della vecchia fede. Noi edificheremo la piramide di fuoco, noi fonderemo la Nuova Gerusalemme. Da soli, ti chiedi? No Jan, figlio d'un cane! Adesso pensi che quelle mani sporche e callose che hanno sempre saputo costruire soltanto castelli di merda non riusciranno mai a impastare la malta celeste. Ti sbagli, buffonegiullarementecatto! La promessa è chiara: Io manderò a voi un profeta, che vi guiderà in battaglia e raccoglierà la vostra forza per sputarla in faccia ai miei nemici. Ascoltate! Spianate la strada al profeta, che oggi ha inviato due suoi emissari, Jan di Leida e Gert dal Pozzo, ad accendere la scintilla. Quando il profeta arriverà, non saremo piú soli e Münster sarà un grande fuoco, un'enorme gigantesca piramide di fuoco che si innalza contro il cielo, squarcia le nubi e costruisce la scala verso il regno. Io lo so, il nome gela già il sangue dei potenti, dei ricchi e degli empi, corrono a rintanarsi sotto le coperte di broccato, appena lo sentono risuonare tra le fila dei miserabili, pronunciano editti, spiccano taglie, stupidi giganti d'argilla, ignari che egli è ovunque, che i suoi apostoli hanno raggiunto le città, i villaggi, portando l'annuncio della fine del tempo. Jan Matthys è quel nome, fratelli! Egli è il vero Enoch, colui che giungerà al compimento del tempo per inaugurare la città celeste! Dopo di noi, Matthys il Grande!

Ammutoliti, imbarazzati, zitti. L'ansia si è diffusa tra le fila mentre Jan parlava, un disagio straniante, che spinge la gente a guardarsi bene in faccia per riconoscersi, per sincerarsi d'essere sempre gli stessi. Borghigiani, operai, artigiani, madri, facce ruvide, mani forti. Giovani, tutti quanti, poiché la miseria non dà il tempo di invecchiare. Sono davvero venuto a dire che da qualche parte esiste ancora la speranza del riscatto e del regno? La bellezza matura di Rothmann, il loro predicatore, e i venticinque anni di Bockelson sussurrano alle loro orecchie che è possibile.
Un uomo corpulento, pancia di birra e spalle possenti abbracciano Jan di Leida baciandolo sulla barba. La magrezza di Rothmann e la sua voce suadente alleate alla mole d'orso del rappresentante delle gilde artigiane di Münster: Berndt Knipperdolling, conciatore e sarto. Sale sul tavolo che ci sorregge con scricchiolii preoccupanti: - Il benvenuto agli apostoli del Grande Matthys da parte di tutta la comunità dei fratelli di Münster. Voi qui presenti racconterete questa giornata ai vostri nipoti, perché questo è l'inizio di tutto. Dio ha posato lo sguardo sulla nostra città di Münster e ha deciso: è da qui che tutto avrà principio. Noi abbiamo cominciato la lotta, noi la porteremo a termine. E state certi che non sarà facile: dovremo resistere al vescovo, dovremo strappare il potere dalle mani dei notabili, dovremo sudare e fors'anche versare il nostro sangue in quest'impresa. Ma il momento è giunto, non si potrà temporeggiare a lungo. Ecco perché dico: chi non se la sente, ci lasci ora e se ne vada all'inferno. Amen.

Un solo clangore di pugni alzati, battere di mani e arnesi da lavoro che cozzano.

***

- Il tuo nome viaggia sulle ali del vento: Bernhard Rothmann, il predicatore degli oppressi.
Ride, suadente, sincero, con un modo di muovere le mani e il corpo che accattiva simpatia. Non saprei dire se sia un atteggiamento voluto o naturale, ma sono già stato informato delle voci che circolano a proposito dell'irresistibile ascendente di Rothmann sulle signore di Münster. Dicono che piú di un marito, vorrebbe vederlo penzolare da una forca, e non per questioni di fede. Pare che le mogli trovino proprio irresistibili i suoi sermoni e si trattengano a lungo, dopo le funzioni, per discuterli in privato con il predicatore. Del resto non è la presenza a mancargli, non dimostra affatto i suoi quarant'anni.
- Il nome di Matthys ha fatto altrettanta strada, se non di piú. Lo attendiamo con ansia.
- Arriverà presto. Per tutti noi è importante che vi incontriate.
Annuisce, mentre mi offre da bere: - C'è moltissimo da fare. Hai visto, siamo saldi, ma ancora pochi. Le cose devono essere condotte a nostro favore giorno per giorno.
- Mmh. Vi siete contati?
Mi offre una sediaccia tarlata, unico mobilio della stanza in cui alloggia, oltre la branda di vimini.
- È difficile vagliare le forze effettive su cui possiamo contare. La situazione è incerta. Il vescovo von Waldeck se l'è squagliata non appena le cose in città hanno cominciato a pendere dalla parte protestante e adesso se ne sta a poche miglia da qui a confabulare con i suoi feudatari. I cattolici stanno nascosti e se la fanno sotto in attesa che il porco rientri, possibilmente armato, e faccia piazza pulita di noi altri battisti e di tutti i luterani.
- E perché non lo fa?
- Perché sa che se lo facesse risveglierebbe lo spirito municipale di Münster e coalizzerebbe tutti contro se stesso. La città non vuole tornare a essere un suo possesso personale -. Un sorriso. - Qualcosa di buono l'abbiamo fatto, devono riconoscercelo. Von Waldeck è furbo, amico mio, molto furbo. Non bisogna commettere l'errore di sottovalutarlo o pensare che sia fuori dai giochi. Resta il nostro maggior nemico.
Comincio a capire: - E dentro le mura?
Si accende: - I luterani e i cattolici fanno comunella per osteggiare il nostro successo presso il popolo, gli operai e gli artigiani di Knipperdolling. Quasi tutti i grandi mercanti che votano per il Consiglio sono luterani, e hanno eletto borgomastri due dei loro: Judefeldt e Tilbeck. Judefeldt è un infido, un senzapalle che ha paura del vescovo come del demonio. Tilbeck sembra avere un occhio di riguardo per noi, farebbe di tutto pur di non far rientrare in città i vescovili, ma nemmeno di lui ci si può fidare troppo. Il popolino pende dalla nostra parte e questo li spaventa, hanno paura di essere spodestati. E fanno bene ad averne. A loro volta però non si fidano dei cattolici, perché temono che quelli regalino la città al vescovo -. Alza le spalle. - Come vedi, la situazione è tutt'altro che definita. Dobbiamo giocare su due fronti: il vescovo là fuori, con le sue spie in città, e i luterani dentro, suoi avversari ma non certo amici nostri. Finora siamo riusciti a batterli ogni volta che hanno cercato di buttarci fuori. La popolazione ci ha difesi, è la nostra forza.
- Il popolo, sí. Le tue parole di oggi mi hanno ricordato un uomo che ho conosciuto anni fa, quando avevo piú o meno l'età di Jan. Ho combattuto per quelle parole. E ti confesso che non credevo che l'avrei fatto di nuovo.
- Vuole essere un complimento?
- Penso di sí. Ma sappi che allora persi tutto.
Uno sguardo comprensivo: - Capisco. Hai paura? L'apostolo del Grande Matthys teme di essere sconfitto una seconda volta?
- No, non è questo. Volevo soltanto dire che devi stare attento, essere prudente.
Passa una mano tra i capelli e aggiusta le pieghe della veste, un tessuto povero portato con incredibile eleganza: - Lo so. Ma adesso ho degli ottimi alleati al mio fianco, - riesce sempre a lusingarti. - Jan di Leida ha parlato col fuoco nelle vene.
Ridacchio: - Jan è un pazzo, un colossale cialtrone, un grande attore e un puttaniere di successo. Ma ci sa fare, altroché. È importante averlo con noi, l'ho visto all'opera: quando vuole è una vera macchina da guerra.
Questa volta ridiamo insieme.

Nessun commento: