Il battere dei tacchi dell'usciere mi precede veloce tra le pareti. Una dopo l'altra si susseguono grandi stanze, dove s'incrociano sguardi di personaggi ritratti su tela e arazzi, soprammobili d'ogni fattezza e materiale affollano il legno lucido e il marmo di mobili preziosi.
Vengo invitato ad accomodarmi su un divano in mezzo a due grandi finestre. Le tende nascondono appena i maestosi scheletri dei tigli del parco. L'usciere si fa avanti, con gli stivaletti neri, bussa e si affaccia oltre una porta. La voce di un ragazzino cantilena suoni strani che anch'io ricordo di aver imparato a memoria, negli anni dello studio delle lingue antiche.
- Signore, è arrivata la visita che attendevate.
La risposta è una sedia che stride scivolando sul pavimento e una voce gentile e affrettata che interrompe quella dello studente:
- Bene, molto bene. Ora mi assento un attimo: nel frattempo ripasserai i paradigmi di eurisco e ghignosco, d'accordo?
Si ferma, appena dietro la porta, un'entrata da attore consumato: - In un luogo e in un tempo migliori, non è cosí?
- È quello che spero, amico mio.
Martin Borrhaus, detto Cellario, è uno di quelli che mai avrei pensato di rincontrare. Mi era giunta notizia del suo incarico di precettore dei figli di un nobile, ed ero convinto che le nostre strade fossero ormai troppo distanti.
Lui, al contrario, sostiene che ha sempre sperato che ci saremmo rivisti e, da quando è a Strasburgo, che il nostro incontro sarebbe avvenuto qui. Dice che gli studenti che hanno affollato le aule di Wittenberg nutrendo simpatie per Carlostadio piú che per Lutero e Melantone, sono passati da questa città dell'Alsazia. Lo stesso Carlostadio lo ha fatto.
Parla di Strasburgo con tono entusiasta, mentre costeggiamo il cantiere della Cattedrale, diretti al mio futuro alloggio. La descrive come una città dove nessuno viene perseguitato per le sue convinzioni, dove l'eresia è persino motivo di interesse e discussioni, nelle botteghe e nei salotti, qualora sia sostenuta da argomentazioni brillanti e da una condotta morale ineccepibile.
Un carro di blocchi di arenaria avanza faticosamente sul selciato della piazza. La chiesa di Nostra Signora ha il campanile piú alto e imponente che mi sia mai capitato di vedere. Sta sul lato sinistro della facciata e tra qualche anno il suo gemello di destra raddoppierà la grandiosità di questo straordinario edificio.
- Gli stampatori, - mi spiega Cellario, - non hanno problemi a pubblicare testi scottanti. Chiamano questo loro privilegio rispetto ai colleghi di altre regioni «la benedizione di Gutenberg», perché proprio qui il padre della stampa ha aperto la sua prima bottega.
- Mi piacerebbe proprio visitarla, se è possibile.
- Certamente, ma prima dobbiamo occuparci di cose piú importanti. Questa sera infatti conoscerai tua moglie.
- Mia moglie? - domando divertito. - Sono sposato e nessuno mi aveva avvertito!
- Ursula Jost, la ragazza che sta facendo girare la testa a mezza Strasburgo. Tu, Lienhard Jost, sei suo marito.
- D'accordo, amico, andiamo con ordine. Mi fa piacere sapere che è una bella signora, ma, prima di tutto, chi è questo Lienhard Jost?
- Mi hai scritto che volevi stare tranquillo, cambiare nome, diventare praticamente irrintracciabile? Fidati di Martin Borrhaus, ormai sono esperto in questo genere di cose. Strasburgo è piena di gente che vuole cancellare le tracce. Tra l'altro Lienhard Jost non è mai esistito, e questo rende le cose molto piú semplici. Ursula non è nemmeno sposata, anche se da quando è arrivata qui ha dichiarato di esserlo.
- E perché, se è lecito domandarlo?
- Per molte ragioni, - risponde Cellario con la stessa aria che assumeva, a Wittenberg, per spiegarmi la teologia di sant'Agostino. - In città una donna che viaggia da sola dà nell'occhio piú di una strega, mentre lei preferisce non esporsi troppo: non so nemmeno se Ursula sia il suo vero nome. E poi il nobiluomo che la ospita in casa ha dimostrato fin da subito un'attenzione troppo pressante nei suoi confronti...
- ...E parlargli del marito Lienhard, che prima o poi sarebbe arrivato, lo ha raffreddato a dovere, immagino -. Rido. Incontrare questo vecchio amico mi mette davvero di buon umore. - Bene. C'è altro che devo sapere?
Il sole filtra in mezzo alle nubi scure. Un raggio di luce si disegna sullo sfondo grigio e accende il volto di Cellario: - Ho cercato di raccontare poco sul tuo conto. Sei stato mio collega all'università di Wittenberg. Avevi alcuni affari da sbrigare e soltanto ora puoi raggiungere tua moglie, che è venuta qui per parlare con Capitone.
Cellario mi informa sulle due figure religiose piú importanti della città, Bucero e Capitone, personaggi decisamente tolleranti, amanti delle dispute teologiche e piú vicini a Zwingli che a Lutero. Dice che li conoscerò molto presto, forse questa sera stessa, in occasione di una cena offerta dal mio futuro ospite.
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