Augusta, 25 agosto 1527


Tre colpi e una voce roca dietro la porta.
- Sono io, sono Denck, apri!
Salto giú dalla branda e tolgo il paletto.
È rosso di sudore e ha il fiato grosso per la corsa.
- Gli sbirri. Hanno preso Dachser, un'irruzione in casa sua, mentre dormivano tutti.
- Merda! - Comincio a vestirmi in fretta.
- Il quartiere è pieno di guardie, entrano nelle case, sanno dove abitiamo.
E i tuoi?
- Da amici, è un posto sicuro, devi venirci anche tu, qui è troppo pericoloso, stanno cercando gente venuta da fuori città...
Raccolgo il bagaglio e assicuro la daga sotto il mantello.
- Quella non servirà a niente.
- O forse sí, andiamo, fai strada.
Scendiamo le scale e usciamo nel vicolo, mi guida nel primo chiarore dell'alba per strade strette, dove si cominciano ad aprire le botteghe. Lo seguo senza riuscire a orientarmi, ci infiliamo in un quartiere miserabile, inciampo in un cane pulcioso, che allontano con un calcio, sempre dietro a Denck, col cuore in gola. Si ferma davanti a una porta piccolissima; due colpi e una parola mormorata. Ci aprono. Entriamo, dentro è buio, non vedo niente, mi spinge verso una botola.
- Attento alle scale.
Scendiamo e ci troviamo in una cantina, un lume rischiara facce sconvolte, riconosco i volti di alcuni fratelli visti a casa di Langenmantel. Ci sono anche la moglie e i figli di Denck.
- Qui siete al sicuro. Bisogna avvertire gli altri, tornerò prima possibile.
Abbraccia la moglie, un fagotto mugolante in braccio, una carezza alla bambina.
- Vengo con te.
- No. Mi hai fatto una promessa, ricordi?
Mi trascina verso la scala: - Se non dovessi tornare, portali via di qui, non se la prenderanno con loro, ma non voglio che corrano rischi. Promettimi che ti prenderai cura di loro.
È difficile abbandonarlo alla sua sorte cosí, è una cosa che non avrei voluto fare mai piú.
- D'accordo, ma fai attenzione.
Mi stringe forte la mano, con un mezzo sorriso. Slaccio la daga dalla cinta: - Prendi questa.
- No, meglio non dargli una scusa per ammazzarmi come un cane.
Già si arrampica su per la scala.
Mi volto, sua moglie è lí, non una lacrima, il figlio al collo. Ripenso a Ottilie, la stessa forza nello sguardo. Cosí le ricordavo, le donne dei contadini.
- Tuo marito è un grande uomo. Se la caverà.

***

Tornano in tre. Uno di loro è Denck. Sapevo che la vecchia volpe non si sarebbe fatta mettere nel sacco. È riuscito a recuperare altri due fratelli.
Sono state ore interminabili, chiusi qui sotto, con la luce debole filtrata da una feritoia.
Lei lo abbraccia, soffocando un pianto di sollievo. Denck ha nello sguardo la determinazione di chi sa di non poter perdere un attimo.
- Moglie, ascoltami. Non ce l'hanno con voi, tu e i bambini sarete al sicuro in questa casa e appena si saranno calmate le acque potrete uscire. Sarebbe certo piú pericoloso farvi tentare la fuga adesso che ogni porta della città è presidiata dalle guardie. La moglie di Dachser ti terrà con lei. Troverò io il modo di scriverti.
- Dove andrai?
- A Basilea. È l'ultimo posto rimasto dove non si rischia la testa. Mi raggiungerai con i bambini quando il peggio sarà passato, è questione di un paio di mesi -. Si rivolge a me: - Amico mio, non abbandonarmi adesso, mantieni fede alla parola che hai dato: non conoscono il tuo nome né il tuo volto.
Annuisco senza quasi rendermene conto.
- Grazie. Te ne sarò riconoscente per la vita.
Reagisco stordito dalla sua fretta: - Come hai intenzione di uscire dalla città?
Indica uno dei due compagni: - L'orto della casa di Karl è a ridosso delle mura. Con una scala e approfittando del buio dovremmo farcela. Dovremo correre tutta la notte attraverso i campi. Troverò il modo di farvi sapere se sono arrivato sano e salvo a Basilea.
Bacia la figlia e il piccolo Nathan. Abbraccia la moglie, alla quale bisbiglia qualcosa: una forza incredibile le impedisce ancora di piangere.
Lo accompagno verso la scala.
Un ultimo saluto: - Che Iddio ti protegga.
- Che illumini la tua strada in questa notte oscura.
La sua ombra si arrampica veloce, incitata dai confratelli.

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