Anversa, 4 maggio 1538

Eloi sta trattando con due tipi vestiti di nero, l'aria seria e sbrigativa è quella dei commercianti.
Aspetto seduto in disparte: sembra trovarsi a suo agio con quella gente. Mi chiedo se sanno come la pensa realmente.
Si salutano con grandi salamelecchi reciproci e finti sorrisi, quello di Eloi resta imbattuto. I due corvi escono senza degnarmi di uno sguardo.
- Sono i proprietari di una stamperia. Ho contrattato una cifra per poterne usufruire. Ho promesso loro che non avranno guai con la censura, dovremo essere prudenti.
Mi parla come se ormai fosse chiaro che sono dei loro.
- Immagino che il denaro te lo forniscano sempre le tue «conoscenze»...
- Dovunque c'è gente in grado di capire quello che diciamo. Bisogna contattarla, reperire altri soldi per stampare e diffondere il nostro messaggio. La libertà dello spirito non ha prezzo, ma questo mondo vuole imporne uno a ogni cosa. Dobbiamo tenere i piedi per terra: qui abbiamo tutto in comune, viviamo sereni e in semplicità, lavoriamo quel tanto che basta a sopravvivere e circuiamo i ricchi per farci finanziare. Ma là fuori impera la guerra degli stati, dei mercanti, della Chiesa.
Alzo le spalle sconsolato: - È questo che cerchi? Una persona che sappia muoversi in quel mondo di tagliagole? Uno che ne sia uscito vivo?
Il solito sorriso disarmante, ma con la sincerità che non ha riservato ai mercanti: - Ci vuole qualcuno in gamba, che sia capace di fingere e sussurrare le parole giuste alle giuste orecchie. Ci guardiamo.
- La storia è lunga e impervia, la memoria a volte viene meno.
Eloi è serio: - Non ho fretta e dai travagli si esce rafforzati.
È come se ci fossimo intesi da sempre, come se mi stesse aspettando, come se...
- So che hai incontrato Balthasar. È stato lui a farti cambiare idea?
- No. È stata una bambina.

***

Lo scrittoio è in penombra, spezzato a metà da una colonna di luce che filtra attraverso le imposte accostate. Eloi offre liquore e attenzione silenziosa.
- Cosa sai della guerra dei contadini?
Scuote la testa: - Non molto. Quando andai in Germania nel '25 incontrai un fratello con cui ero in contatto epistolare da qualche tempo: Johannes Denck si chiamava, un animo libero e pronto a sfidare l'arroganza dei papisti quanto quella di Lutero. Ma come ti ho detto, allora ero giovane e poco accorto.
Il nome gela il sangue, fa affiorare ricordi, un volto, una famiglia.
- Conoscevo bene Denck. Ho lottato con lui al fianco di uomini che hanno creduto davvero di porre fine all'ingiustizia e all'empietà sulla terra. Eravamo migliaia, eravamo un esercito. La speranza si infranse nella piana di Frankenhausen, il quindici di maggio del 1525. Allora abbandonai un uomo al suo destino, alle armi dei lanzichenecchi. Portai con me la sua sacca piena di lettere, di nomi e speranze. Oltre al sospetto di essere stati traditi, venduti alle schiere dei principi come un gregge al mercato -. È ancora difficile pronunciare quel nome. - Quell'uomo era Thomas Müntzer.
Non lo vedo, ma percepisco lo stupore che lo assale, forse l'incredulità di chi pensa di avere davanti uno spettro.
La sua voce è quasi un bisbiglio: - Davvero hai combattuto con Thomas Müntzer...?
- Anch'io ero giovane allora, ma abbastanza sveglio per capire che Lutero aveva tradito la causa che ci aveva donato. Capimmo che noi avremmo dovuto proseguire là dove quel monaco aveva ceduto le armi. La storia avrebbe potuto finire cosí, su quella piana coperta di cadaveri. E invece sono sopravvissuto.
- Denck morí lassú?
- No. Il suo compito era quello di recuperare rinforzi per lo scontro, ma non arrivò mai in tempo.
Ricordare costa una fatica immane: - A Frankenhausen sono morto per la prima volta. Non è stata l'ultima.
Sorseggio il liquore per sciogliere la memoria: - Per due anni, due infiniti anni, rimasi nascosto presso un pastore luterano che segretamente simpatizzava per la nostra causa, mentre fuori i soldati setacciavano regione per regione alla ricerca dei superstiti, dei reduci. Ero finito, avevo un nome nuovo, gli amici erano morti, il mondo era popolato di fantasmi e gente pronta a tradirti per una parola di troppo. Un giorno, quando ormai il tempo del lavoro e della solitudine sembrava avermi aggiogato, ci scovarono, non so come, ma risalirono fino a noi. Dovetti riprendere a fuggire.
Prendo fiato: - Ripensandoci ora, quella fuga improvvisa fu la mia fortuna, mi salvò da una morte piú lenta e atroce.
Forse non capisce, non mi segue fino in fondo, ma non osa interrompermi, è realmente affascinato da quello che potrei dire nella prossima frase.
- Presi il nome di un uomo capitato per caso sul mio cammino. Girovagai a lungo in cerca di non so cosa, di un posto dove sparire. Alla fine dell'estate del '27 arrivai ad Augusta e rincontrai Denck.
- Il Sinodo dei Martiri...
Parla adagio e a voce bassa: sa rispettare una storia.
- Già. L'adunata dei superstiti. Stupidi e inutili superstiti.

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