Anversa, 23 aprile 1538

È una grande casa. Due piani enormi, con stanze che si aprono su larghi corridoi. Bambini mezzi nudi si rincorrono su e giú per le scale, alcune donne preparano da mangiare in ampi calderoni in una cucina piena di ogni ben di Dio. Qualcuno mi saluta con un cenno del capo e un sorriso, senza interrompere il lavoro. Tutti sembrano rilassati, placidi, come se condividessero la medesima felicità. In quella che sembra essere la sala piú grande si stende una lunga tavolata, apparecchiata con stoviglie d'argento: nel camino arde un ceppo di faggio.
Provo la stessa sensazione che danno certi sogni un attimo prima di essere interrotti da un brusco risveglio: la consapevolezza di stare percorrendo un sogno e la voglia di sapere cosa c'è dietro la prossima porta, di arrivare fino alla fine.
Improvvisamente da una delle stanze mi raggiunge la sua voce: - Ah, ti sei deciso ad alzarti finalmente!
Eloi sta tagliando un grosso trancio di manzo su un tavolo di marmo.
- Giusto in tempo per mangiare con noi. Vieni, vieni, dammi una mano.
Mi passa un forchettone.
- Tienilo fermo, cosí.
Taglia fette sottili e le dispone su un piatto sul cui bordo campeggia uno stemma d'argento.
Con la coda dell'occhio scruta la mia espressione confusa.
- Scommetto che ti stai chiedendo dove sei capitato.
La bocca è troppo impastata per articolare una frase, rispondo con un mugugno.
- La casa ci è stata messa a disposizione dal gentile messer Van Hove, commerciante di pesce e mio buon amico. Lo incontrerai al suo ritorno, forse. Tutto quello che vedi era suo.
- Era?
Sorride: - Adesso è di tutti e di nessuno.
- Vuoi dire che tutto è di tutti?
- Proprio cosí.
Due bambine attraversano la stanza canticchiando una filastrocca di cui non afferro le parole.
- Bette e Sarah: le figlie di Margarite. Non ricordo mai qual è l'una e quale l'altra.
Solleva il piatto e urla: - In tavola!
Una trentina di persone affluisce intorno al grande tavolo apparecchiato. Mi fanno sedere accanto a Eloi.
Una ragazza alta e bionda mi serve un boccale di birra.
- Ti presento Kathleen. È con noi da un anno.
La ragazza sorride: è bellissima.
Prima che il pranzo inizi, Eloi si alza in piedi e richiama l'attenzione del gruppo.
- Fratelli e sorelle, ascoltate. È giunto tra noi un uomo senza nome. Un uomo che ha combattuto a lungo e ha visto versare molto sangue. Era sbandato e stanco, e ha ricevuto cure e riparo come è nostra consuetudine. Se deciderà di rimanere con noi, accetterà il nome che vorremo dargli.
In fondo alla tavolata, un giovane rubicondo, con folti baffi biondi, urla: - Chiamiamolo Lot, come colui che non si volta indietro!
Un'eco di assenso percorre la sala, Eloi mi guarda soddisfatto: - E sia. Ti chiameremo Lot.
Comincio a mangiare con fatica: la lingua e i denti mi fanno male, ma la carne è tenera, di prima scelta.
- Lo so cosa ti stai chiedendo.
Si versa altra birra.
- Cosa?
- Ti chiedi come facciamo a permetterci tutto questo.
- Immagino sia tutto fornito da messer Van Hove...
- Non proprio. Non è il solo ad aver dato fondo ai forzieri per mettere in comune il patrimonio.
- Vuoi dire che esistono altri ricchi che regalano tutto ai poveri?
Ride: - Noi non siamo poveri, Lot. Siamo liberi.
Con un gesto comprende tutta la tavolata: - Qui ci sono artigiani, carpentieri, copritetti, muratori. Ma anche bottegai e commercianti. La cosa che li accomuna non è nient'altro che lo Spirito di Dio. È la cosa che accomuna tutti gli uomini e le donne, del resto.
Lo ascolto e non riesco a capire se è veramente pazzo.
- I beni, Lot, i soldi, i gioielli, le mercanzie, servono al corpo affinché se ne giovi lo spirito. Guarda questa gente: è felice. Non deve uccidersi di fatica per vivere, non deve rubare a chi possiede di piú né lavorare per lui. E dal canto suo, chi ha di piú non ha nulla da temere, poiché ha scelto di vivere con loro. Ti sei mai chiesto quante famiglie si sfamerebbero con quello che Fugger ha nei suoi forzieri? Io credo che mezzo mondo potrebbe mangiare per un anno intero senza dover alzare un dito. Ti sei mai chiesto quanto tempo un mercante di Anversa spende per accumulare la sua fortuna? La risposta è semplice: tutta la vita. Tutta la vita per accumulare, per riempire casseforti, scrigni, fabbricare la prigione per sé e i propri figli maschi, e la dote per le femmine. Perché?
Vuoto il bicchiere: il suo sogno è stato anche il mio: - E tu vorresti convincere i mercanti giú al porto che è meglio per il loro spirito dare tutto a voi altri...?
- Nient'affatto. Voglio convincerli che è piú bella una vita libera dalla schiavitú del denaro e delle merci.
- Scordatelo. Te lo dice uno che i ricchi li ha combattuti per tutta la vita.
Stringe gli occhi e alza il bicchiere: - Noi non vogliamo combatterli, sono troppo forti -. Scola la birra. - Vogliamo sedurli.

***

Le due poltrone di cuoio dello scrittoio sono comode, mi accascio piano, cercando di eludere le fitte al costato. Una penna d'oca lunghissima spunta da un calamaio nero sul tavolo. Eloi offre liquore in un piccolo bicchiere di vetro intagliato.
- Anversa è ufficialmente fedele alla Chiesa di Roma. Il devotissimo Imperatore tiene i suoi ufficiali di guardia alla vera fede, cioè al suo potere. Ma molti qui, nascostamente, appoggiano le idee di Lutero. Soprattutto i ceti mercantili non ne possono piú dell'occupazione spagnola, né dei preti che accusano d'eresia chiunque apra bocca contro il Cattolicissimo o i suoi vescovi tirapiedi. I mercanti producono, i mercanti fanno i soldi, i mercanti costruiscono i palazzi e le strade. Gli imperiali tassano e inquisiscono. I conti non tornano. Lutero predica l'abolizione della gerarchia ecclesiastica e l'indipendenza da Roma, i suoi principi tedeschi si sono ribellati e hanno bastonato Carlo e il Papa con un atto formale di protesta. Conclusione: prima o poi anche le Fiandre e i Paesi Bassi salteranno in aria come una polveriera. Con la differenza che qui piú che principi ci sono grassi mercanti. L'unico motivo per cui non sono ancora arrivati allo scontro è che fino a pochi mesi fa c'eravate ancora di mezzo voi.
- Cosa intendi?
- Gli Anabattisti volevano tutto. Volevano il Regno: l'uguaglianza, la semplicità, la fratellanza. Né l'Imperatore né i mercanti luterani erano disposti a concederglieli. Il loro mondo si regge sulla competizione degli stati e delle compagnie commerciali, sul comando e sull'ubbidienza. Come ha detto Lutero, che ho avuto il dispiacere di incontrare ormai piú di dieci anni fa: puoi mettere in comune i tuoi beni se proprio ci tieni, ma non sognarti di farlo con quelli di Pilato o di Erode. Batenburg era scomodo tanto per i cattolici quanto per i luterani. Ora che gli Anabattisti sono stati sconfitti i due litiganti rimasti verranno presto ai ferri corti.
Cerco di capire dove vuole arrivare: - Perché mi racconti queste cose?
Ci pensa, come se non si aspettasse la domanda: - Per darti un'idea di qual è la situazione qui.
- Perché le racconti a me?
- Hai fatto la guerra. E l'hai perduta. Hai l'aria di uno che ha attraversato l'inferno uscendone vivo.
Si alza e va alla finestra dopo essersi versato un secondo bicchiere.
Non so se sei la persona giusta. Quella che cerco da tempo, intendo. Vorrei sentire la tua storia prima di giudicare.
Eloi giocherella col bicchiere vuoto.
Appoggio il mio sul tavolo: - Sei un uomo a cui è difficile togliere il sorriso dalla faccia.
- È una qualità, non credi?
- Come fa un copritetti a essere tanto informato e a parlare cosí forbito?
Alza le spalle: - Basta frequentare le persone giuste.
- Vale a dire i mercanti del porto.
- Insieme alle merci circolano le notizie. Riguardo al saper parlare, le amicizie a cui devo la padronanza della lingua non mi hanno lasciato l'opportunità di imparare il latino, e la cosa mi dispiace parecchio.
- Omnia sunt communia. Questa la conoscevi.
Ha un attimo di esitazione, che maschera nel solito mezzo sorriso di chi è a parte di qualche trucco o di un segreto antico.
- Era il motto dei ribelli del '25. In quell'anno sono andato a Wittenberg per incontrare Lutero e sottoporgli le mie idee, la Germania era nel caos. Io ero troppo giovane e pieno di belle speranze per un monaco che si ingrassava alla mangiatoia dei principi -. Una smorfia. Poi, incerto se chiedermelo: - Eri con i contadini?
Mi alzo, già troppo stanco per continuare, ho bisogno di stendermi sul letto, le costole mi fanno male. Lo guardo e mi chiedo perché ho dovuto incontrare quest'uomo, senza essere abbastanza lucido per darmi una risposta,
- Perché dovrei raccontarti la mia storia? E lascia perdere l'offerta che hai fatto. Non ho nessun posto dove andare, non saprei cosa farmene dei tuoi soldi. Voglio solo crepare in santa pace.
Insiste: - E io sono curioso. Dammi almeno un inizio: quando è cominciato tutto, dove.
Il pozzo è profondo: un tonfo sordo nell'acqua nera.
Le parole: - L'ho dimenticato. L'inizio è sempre una fine: è l'ennesima Gerusalemme popolata ancora di fantasmi e profeti allucinati.
Per un istante il suo sguardo si riempie d'orrore, ma non deve essere nulla paragonato al mio, davanti a quegli spettri.
- Cristo Santo, eri a Münster...?
Mi trascino stanco verso la porta, la voce è roca e impastata: - In questa vita ho imparato una cosa sola: che l'inferno e il paradiso non esistono. Ce li portiamo dentro dovunque andiamo.
Mi lascio le sue domande alle spalle, barcollando nel corridoio per raggiungere la stanza.

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