Anversa, 6 maggio 1538

Il nuovo scalpellino lavora a meraviglia. Balthasar non ha perso tempo: me lo ha fatto trovare proprio questa mattina sul tavolo dello scrittoio. La punta solleva riccioli di legno come un cucchiaio sul burro mentre lo sguardo incredulo di Eloi accompagna ogni colpo del martelletto, ogni scheggia che vola sul pavimento, ogni particolare della Cattedrale di Strasburgo che esce in rilievo dalla tavoletta.
- Davvero notevole, - commenta aggrottando le labbra. - Dove hai imparato a usare le mani cosí bene?
- Ho fatto piú fatica a impratichirmi con la spada che con questo, - rispondo alzando l'arnese affilato. - È stato a Strasburgo. Lavoravo in una stamperia della città come operaio compositore. C'era un tizio che faceva le illustrazioni per i libri. Durante le pause poggiava le lastre e il bulino e prendeva in mano la sgorbia: ha fatto il ritratto di ognuno di noi e a ciascuno lo ha regalato in decine di copie. Ripeteva sempre che una cosa bella non deve mai essere unica. È lui che mi ha insegnato a intagliare il legno.
Osserva il disegno per un attimo, poi indica la data in un angolo: - È da molto che avevi interrotto il tuo passatempo.
Alzo le spalle: - Sai, ero sempre in giro. Mi tenevo in allenamento scolpendo delle statuine che poi regalavo ai bambini. A Münster avevo anche ripreso. Poi, be', - un sorriso copre la scusa, - ho perso gli attrezzi da qualche parte.
Eloi esce e ricompare con la solita bottiglia di liquore. Ormai so bene cosa significa. Mi porge il bicchiere colmo: - Non sapevo ti fossi trovato un mestiere, a Strasburgo.
- Grazie a Cellario. Le botteghe degli stampatori mi hanno sempre attirato. I libri hanno un fascino particolare.
Lo scalpello alza qualche scheggia. È ora di passare al coltellino per i dettagli piú piccoli. Eloi si interrompe per seguire le fasi della lavorazione, poi riprende a parlare: - Fammi capire. A Strasburgo avevi trovato una certa tranquillità, un amico affettuoso, una donna piena di vita, un mestiere. Perché non sei rimasto là?
Lo guardo negli occhi, parlando lentamente: - Hai mai sentito parlare di Melchior Hofmann?
Questa volta è incredulo: - Non mi dirai che hai conosciuto anche lui!?
Annuisco con la testa, in silenzio, sorridendo per la sua reazione: - Si può dire che lui sia stato solamente la causa finale della mia partenza. A quel tempo erano già successe molte cose.
Mi rendo conto che comincio a provare gusto nel raccontare. Mi compiaccio di creare attesa, interesse. Anche Eloi deve aver notato il cambiamento. Ogni tanto mi dà corda; altre volte, come in questo caso, rimane in silenzio e aspetta che sia io a riprendere.
- Ursula, col passare dei mesi, cominciò a diventare sempre piú insofferente nei confronti dell'atmosfera che regnava in città. Mi ripeteva che a Strasburgo viveva un sacco di gente con idee innovative e brillanti, ma l'unica cosa che la differenziava dalle altre città tedesche era la possibilità di esprimere quelle idee in una veste colta e raffinata. Il suo grido di battaglia diventò «A Strasburgo l'eresia è vivere».
Alzo gli occhi dal finissimo intaglio del rosone della Cattedrale. Eloi ascolta col mento poggiato al dorso della mano. Il piacere del passatempo ritrovato scioglie le parole ancor piú del Liquore: - Andava in giro per le piazze a dare spettacolo, specialmente ballando danze considerate lascive o rozze, suonando il liuto e cantando gli stornelli della gente di strada. Coinvolse anche me.
Eloi ride di gusto. Appoggia il bicchiere sul tavolo.
- Ti ho sentito cantare qualcosa mentre tiravi su la palizzata dell'orto. Se il vostro scopo era quello di rendere la gente piú nervosa, Ursula ha fatto bene a ingaggiarti.
- No, niente canto, per carità! Cominciai facendo il muratore. La prima azione che escogitammo fu quella di entrare di notte in una chiesa e di erigere un muro di mattoni davanti alla scalinata del pulpito. Sopra ci scrivemmo pure una frase di Cellario: «Nessuno può parlarmi di Dio meglio del mio cuore».
Il liquore intanto comincia a fare il suo effetto. Lo scalpellino mi sfugge piú di una volta dal segno, finché non arrivo a staccare di netto un pezzo di campanile. Toccherà rincollarlo.
- Il piú bello di tutti, comunque, è stato certamente lo scherzo che abbiamo tirato a Madama Buoncuore Carlotta Hasel. Devi sapere che Carlotta Hasel era una delle tante dame della città ad aver allestito in casa una mensa per i poveri e i vagabondi. Li faceva pregare e mangiare, bere e cantar salmi.
- Conosco il genere, purtroppo.
- Ursula non la poteva nemmeno sentir nominare. La odiava. In quel modo speciale in cui soltanto una donna può odiarne un'altra. D'altro canto Madama Buoncuore aveva la fastidiosa caratteristica di considerare i poveracci come dei santi. Il suo motto era: «Dategli il pane, e loderanno Dio». Ursula non era dello stesso avviso. Diceva che chi non ha nulla, una volta riempito lo stomaco, ha ben altro in testa che il pregare: bere, scopare, divertirsi, vivere. Diciamo che, alla prova dei fatti, la sua teoria si dimostrò molto piú azzeccata.
- Quali fatti?
- La colossale orgia a cui demmo vita nel salone di casa Hasel.
- Non so cosa avrei dato per partecipare alla dimostrazione del teorema! - esclama Eloi divertito. - Tuttavia, non vedo cosa questa storia abbia a che vedere con Melchior Hofmann.
Solo un attimo di concentrazione per l'ultimo colpo. Soffio via la segatura e alzo la tavoletta all'altezza degli occhi. Perfetta.
- Faticherai a crederci, amico mio: anche Melchior il Visionario, alla fine, è uno degli spettacoli della affermata compagnia teatrale Lienhard e Ursula Jost.

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