Per fortuna la catena regge, aggrappato al secchio, a penzoloni come un impiccato, istinto, piú che altro istinto, l'ho preso sull'orecchio, se mi centrava a quest'ora ero a mollo là sotto, che botta, non sento piú niente, tutto suona lontano, le grida, le sedie che volano, tenermi stretto, se svengo affogo, almeno qui non posso prenderne piú, merda sono troppi, e io a mettermi in mezzo come uno stronzo, per uno che non conosco neanche, le braccia, devono tenere, le braccia o volo giú, se risalgo ne prendo ancora, se resto qui prima o poi i muscoli cedono, che cazzo di situazione, gira tutto, le spalle fanno male, un bestione grandioso, mica me lo potevo fare da solo, eh no, quello mi ammazza se torno su, ma merda quell'altro poveraccio lo staranno massacrando, quanti sono? tre, quattro, chi ha avuto il tempo di contarli, ce li siamo trovati addosso, è cominciato all'improvviso, quello si è messo a sbraitare, cosa facevano le loro madri? si facevano montare dai maiali di chi? Mi è volato un tavolo sopra la testa, roba che ci rimanevo secco, e se prendono i coltelli, non sembravano armati, cazzo mica si entra armati in osteria, a bere una birra, no, a raccontare qualche balla, a parlare del mercato, ma quel tipo ha tirato fuori la storia delle loro madri, le braccia, cristo, le braccia, tengo duro, sí, tengo duro, ma non ce la faccio ancora per molto, non posso affogare cosí, che razza di morte è, dopo tutto quello che ho passato, tutti i posti da cui sono uscito vivo, o forse sí, è cosí che va a finire, ti salvi dagli eserciti, dagli sbirri, e poi crepi come un topo affogato per colpa di uno che non è stato zitto, mi sono messo in mezzo, non mi riguardava, e mi sono messo in mezzo, eccheccazzo, quattro contro uno, perché facevano tintinnare quelle borse piene di soldi, armatori ben pasciuti sono, moglie casta da monta annuale e troie sifilitiche tutti i santi giorni, sfruttatori, tutti preghiere e affari d'oro, e dàgli con gli Anabattisti pagati dal Papa, gli Anabattisti sono solo untori da sgozzare per dare le loro budella ai cani, gran bei levrieri che devono avere nelle loro magioni di campagna, rottinculo pieni di soldi, gli Anabattisti in combutta con l'Imperatore, che ti si infilino in casa per convertirti la moglie a suon di verga, che bisognerebbe far piazza pulita, le braccia, cristo, stanno per cedere, ma perché mi sono messo in mezzo, è stato quell'altro pazzo a cominciare, non doveva alzarsi e sputargli la birra in faccia, e poi dire quella cosa delle madri, lo so anch'io che erano delle gran bagasce ma c'era da aspettarselo che l'avrebbero presa male, a quest'ora l'avranno già sgozzato, che se poi avesse solo sputato, era un ubriaco come tanti, invece no, è quello che ha detto, ma sí è per quello che mi ci sono ficcato, per quelle parole, grandiose, quelle che avrei voluto dire io, le braccia merda le braccia, devo tirarmi su, coraggio, issa, non posso finire in fondo a 'sto pozzo schifoso, non posso crepare cosí, come un coglione, forse quello è ancora vivo, forse dirà ancora qualcosa prima che lo facciano fuori a cazzotti, gran belle parole fratello; perché sí, sei un fratello, altrimenti mica ti alzavi, mica dicevi quello che hai detto, non l'avrei fatto per tutti, questo voglio riuscire a dirtelo, non mi sarei messo in mezzo per qualunque anabattista scoppiato, ne ho già conosciuti troppi amico mio, ma tu hai del fegato, issa per dio, issa, devo risalire, cosí, piano piano, su, ci sono quasi, devo uscire, o merda, eccomi, sono sull'orlo, ancora una spinta, ci sono.
Sono diventati cinque. Mi sembravano quattro, giuro che mi era sembrato di contarne quattro. Adesso sono in cinque, tutti intorno a lui, è spacciato, l'oste è sul selciato del cortile, si regge la testa, la brocca che ho lanciato è andata in pezzi ma ha fatto i suoi danni. E l'amico sconosciuto se ne sta lí impalato a sfidarli con lo sguardo come se fosse il piú forte, e dài, di' qualcosa, com'era? cosa hai detto prima che il mondo mi crollasse sulla schiena, prima che quel gigante mi buttasse qua sotto?
Salgo in piedi, e comincio a raccogliere la catena, non mi accorgo neanche di urlare: - Ehi quella cosa che hai detto... Su Gesú Cristo e i mercanti mangiamerda...
Si volta stupefatto, quasi quanto gli altri. La scena si ferma, come stampata su una pagina, rischio di perdere l'equilibrio, devo sembrare uno stronzo maledetto.
- Be', sono completamente d'accordo con te! E adesso segui il consiglio di un confratello: abbassa la testa.
Il gigante che credeva di avermi affogato diventa paonazzo, si fa sotto, vieni vieni che ormai ho tirato su tutta la catena e ho il secchio in mano, vieni, bravo, vieni a farti staccare quella gran testa di porco che ti ritrovi sulle spalle.
È un suono sordo, un tonfo secco, uno solo, che piega il metallo e fa volare per aria una pioggia di denti. Va giú come un sacco vuoto, senza un gemito, sputando fuori pezzi di lingua.
Comincio a roteare la catena, sempre piú forte, ve lo faccio vedere io distinti messeri quanto può essere rognoso un anabattista. Il secchio colpisce teste, schiene, volteggia sempre piú lontano da me, la catena mi sega le mani, ma li vedo cadere, rannicchiarsi per terra, correre verso la porta senza raggiungerla, la Giustizia del Secchio è implacabile, rotea, rotea, sempre piú forte, non lo tengo piú, ormai è lui che trascina me, è la mano di Dio, potrei giurarlo signori, il Dio che avete fatto incazzare a morte. E giú, ancora un altro, dove pensavi di rintanarti ricco idiota beone?
Uno strattone, il secchio incagliato, bloccato sui rami di un alberello che per poco non viene giú anche lui.
Un'occhiata sul campo di battaglia: uh, stesi tutti. Qualcuno mugola, si lecca le ferite tramortito, lo sguardo sui coglioni.
Il fratello è stato saggio, si è buttato a terra al primo giro e adesso si rialza attonito, con una strana luce negli occhi: come angelo sterminatore non me la sono cavata affatto male.
Salto giú e traballo verso di lui. Alto e smilzo, barbetta scura appuntita. Mi stringe la mano troppo forte, la catena l'ha piagata.
- Dio ci ha assistiti, fratello.
- Dio e il secchio. Non l'avevo mai fatto prima.
Sorride: - Mi chiamo Matthys, Jan Matthys, fornaio di Haarlem.
Ricambio: - Gerrit Boekbinder.
Quasi commosso: - Da dove vieni?
Mi volto indietro e alzo le spalle: - Vengo dal pozzo.
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