Münster, 6 marzo 1534

Butta male. Ruecher, il fabbro, inchiavardato a una grande ruota di carro da pesanti catene, probabilmente da lui stesso forgiate, è circondato da quattro guardie improvvisate, come tutto il resto in questi giorni, e attende.
La popolazione, insieme ai nuovi arrivati che aumentano ogni giorno, è chiamata a radunarsi nell'ora seconda, dal sommo Profeta: adirato, deluso, mesto, imbestialito dal comportamento dei santi suoi sudditi.
Ruecher, il fabbro, questo grandissimo pezzo di merda, ha osato proferire pesanti commenti di biasimo verso l'esito di tre giorni di meditazione, totale abbandono, discesa piena della luce dell'Altissimo dentro il corpo terreno del Grande Matthys, che avevano prodotto importanti decisioni.
Che cazzo, ha detto il fabbro dando voce a ciò che molti pensavano, va bene tutto, l'abolizione di ogni proprietà, la piena comunanza di tutto ciò che è disponibile, ricchezza di nessuno e per tutti, certo, l'avevamo pensato noi, e prima anche, il fondo per i poveri, sacrosanto, regole nuove, ma cazzo, nominare sette diaconi per l'amministrazione e la distribuzione di ogni risorsa, per la soluzione di ogni conflitto o bisogno, senza che uno, neanche uno, fosse nato e vissuto in quella che era Münster, nemmeno uno, tutti olandesi, tutti discepoli suoi, e cazzo no, ha detto, abbiamo rischiato la vita per le libertà municipali, c'è mancato poco che le nostre teste fregiassero i merli delle mura, porca puttana, e poi arriva uno, sí un grande profeta, illuminato dalla parola santa certo, ma cazzo non uno, tutti olandesi, e poi manco c'era quando abbiamo preso la città, come cazzo funziona, uno arriva, trova tutto pronto e comanda, comanda e mette i suoi a dare ordini, comanda e noi ricominciamo subito a prenderlo nel culo.
Arrestato, subito.
Hubert Ruecher. Fabbroferraio. Münsterita. Battista. Eroe delle barricate del 9 febbraio. Hubert Ruecher. Figlio della causa. Forgiatore di proiettili. Combattente per la liberazione di Münster dalla tirannia del vescovo.
Hubert Ruecher trascinato in catene alla piazza del Mercato: un traditore, un infame, che ha sollevato un dubbio, ha parlato contro, ha detto che Matthys ha pregato tre giorni per poi nominare diaconi i suoi fedelissimi. La comunione di tutti i beni, d'accordo: raccoglierli in quei grandi magazzini, uno per ogni quartiere, e distribuirli a chi ne ha bisogno, sí, ma perché metterne a capo sette olandesi? Perché? Perché escludere i münsteriti? Una cazzata, Jan, una cazzata imperdonabile. Hai forse paura? E di che cosa? Di chi? Siamo tutti santi, l'hai detto tu, siamo stati scelti, siamo fratelli. Pensi che accentrando tutto il potere nelle tue mani, non farai sorgere il dubbio in qualcuno? Qualcuno che ha combattuto per liberare la sua città e adesso, dopo la scelta di quei sette olandesi, può pensare di averlo fatto per niente, per non riuscire ancora a essere padrone di scegliere in casa propria.
Qualcuno come Hubert Ruecher.
Ti hanno riferito tutto - hai forse sguinzagliato delle spie per la città? - hai mandato i tuoi sgherri a prelevarlo con la forza. In catene, adesso, schiumante di rabbia: monito per tutti. Sei impazzito, Jan, non è per questo che hanno lottato.
Ti vedo, mentre esci imponente sul palco, occhi di ghiaccio e barba piú appuntita che mai.
Ti vedo, mentre parli della mancanza di fede, agitando il ventilabro.
Ti vedo.
- Il Signore è adirato, perché qualcuno ha sollevato il dubbio sul compito del Suo profeta.
Ha combattuto con me, quell'uomo, ha ubbidito ai miei ordini, e ora so che se n'è pentito, che forse odia ciò che ha fatto, vorrei trovare il suo sguardo, per capire: ma è meglio di no, forse. Se ne sta lí, ritto e paralizzato dalle catene, ad aspettare che Dio suggerisca a Jan Matthys il Profeta come comportarsi.
- Il tempo è finito. La scelta è compiuta. Chi abbandona la bandiera del Signore rivela d'essere sempre stato indeciso, d'aver seguito gli altri senza avere in realtà ricevuto la chiamata interiore alle armi sante: è un nemico. E oggi insinua l'incertezza tra le fila dei santi per minare la nostra vittoria. Ma essa è inevitabile, perché ci guida il Signore;
Sei un pazzo, pazzo fornaio cialtrone, e sono un pazzo anch'io, perché sí, sono stato io a darti tutto questo.
- Se non toglieremo subito di mezzo il peccatore dal popolo dei santi, l'ira del Signore cadrà su tutti.
Spada in mano, gira intorno a Ruecher, volto paonazzo e atterrito.
Il leguleio von der Wieck, insieme ad altri tre notabili, obietta che a Münster nessuno è mai stato giustiziato senza un regolare processo, ci vogliono dei testimoni, un avvocato...
Matthys in silenzio gira, gira, soppesa quelle parole, continua a girare, la tensione sale fin sopra le teste, lo raggiunge. Si ferma.
- Regolare processo. Testimoni, un avvocato. Fatevi avanti, dunque.
Sguardi titubanti che si incrociano, con passi incerti raggiungono il palco.
Che cazzo fai, Jan? Mi rendo conto di aver impugnato la pistola. Poche teste piú in là, Gresbeck mi guarda, faccia dura, impassibile, la cicatrice che vibra sul sopracciglio, l'unico segno di nervosismo.
Stai attento, Jan, questi uomini hanno imparato a combattere.
- Oggi testimoniate del piú grande degli eventi. Testimoniate la nascita di Gerusalemme: Münster non esiste piú, nella città di Dio è la Sua parola a essere l'unica legge. Ed egli parla e agisce per mano del Suo profeta. Voi siete i testimoni.
La lama rotea in alto e scende fino alla gola di Ruecher, a reciderla d'un colpo.
Sgomento.
Von der Wieck, investito dal fiotto di sangue, è annichilito al centro della piazza, Knipperdolling e Kibbenbrock guardano per terra, Rothmann muove le labbra in preghiera, Gresbeck immobile.
Un silenzio che gela le ossa piú del freddo invernale, rotto solo da sommesse invocazioni della volontà di Dio: qualcuno si inginocchia.
Bockelson cattura la scena: - Quale immenso privilegio offrire il sangue che purifica il popolo dei santi dall'onta del dubbio! - Imbraccia un archibugio, si fa avanti, accarezza la faccia di von der Wieck per raccogliere il sangue di Ruecher. Se lo spalma sul viso: - A questo bastardo. A questo verme immondo è toccato il piú alto degli onori. Perché!? Perché lui!?
Spara nel petto del cadavere a bruciapelo, intinge le mani nelle ferite e benedice la folla con ampi schizzi: - Vi benedico in sangue e spirito, fratelli miei santissimi!
Nessuno si muove.
Matthys allarga le braccia a raccoglierci tutti: - Gregge di Dio, una grande lezione ci è stata data dal Padre. Egli ha svelato l'impurità, ha scavato a fondo la brama del privilegio e del possesso che ancora serpeggiava tra di noi, e ce ne ha mondati. Ancora qualcuno pensava che lo spirito potesse essere racchiuso nei meschini privilegi municipali d'una città. No. La Nuova Gerusalemme è oggi un faro per tutto il popolo dei santi, che da ogni dove giunge qui a condividere la gloria dell'Altissimo. Noi non combattiamo per il privilegio di pochi, ma per il Regno di Dio. E in verità ecco il meraviglioso annuncio: io vi dico che la Pasqua di quest'anno saluterà un cielo e una terra nuovi, e sarà l'inizio del Regno dei santi. Il Padre giungerà e spazzerà via ogni palmo di terra oltre queste mura. Nel breve tempo che resta, non io, non sarò io colui che guarderà il gregge dalle tentazioni del vecchio mondo. Il Padre dice che va bene, che chi è stato nominato dagli uomini per questo compito lo adempie anche in Suo nome, - porge la spada a Knipperdolling. - Non esitare, fratello, è la volontà del Padre.
Il borgomastro la prende impacciato, incredulo, poi cerca aiuto nel volto di Matthys, che non gli dà scampo: - Siamo soltanto il Suo strumento.
Il Profeta intona il salmo e piano piano tutti gli vanno dietro...

Il Signore si è manifestato, ha fatto giustizia;
l'empio è caduto nella rete, opera delle sue mani.
Tornino gli empi negli inferi,
tutti coloro che dimenticano Dio.
Perché il giusto non sarà dimenticato,
la speranza degli afflitti non resterà delusa.
Sorgi Signore, davanti a te siano giudicate le genti.

***

Colpi alla porta. Non mi muovo. Sono stanco, al buio. Colpi secchi, ripetuti.
- Gert, apri. Apri questa cazzo di porta.
Altri colpi. Mi alzo, lento. Non se ne andrà.
Apro.
Avvolto tutto da una pesante cappa scura, da viaggio, Redeker mi sta di fronte.
Se ne sta andando.
Sprofondo sulla poltrona con la testa di lato. Come appena prima che entrasse. Come nelle ultime tre ore. Cosa devo dirti adesso? Il cervello non risponde. Un sussurro senza convinzione: - Non pensavo che andasse a finire cosí.
- Cosa pensavi? Che cazzo dici, lo avete portato voi.
Balbetto qualcosa. La rabbia di Redeker mi affetta le parole.
- Ho creduto nel vostro Dio, Gert, perché saliva sulle barricate e si sbronzava nelle osterie, saccheggiava le chiese e spaventava i cavalieri. Ci credo ancora, se vuoi saperlo. Sai per caso da che parte è andato, mentre usciva di qua!?
L'eco delle frasi rimbalzate in testa fin dall'arrivo di Jan di Haarlem.
- Matthys è uno stronzo, Gert. I giudici, gli sbirri, il boia sono i nemici peggiori dei poveracci che hanno combattuto con noi. Quel figlio di cane parla del Dio della feccia. Ma chi è il suo Dio? Ancora un giudice, uno sbirro, un boia.
Tre ore fa, in piazza, la pistola stretta in mano. Inghiottivo saliva e aria. Aspettavo.
Erano gli altri ad aspettare. Me.
- Quel pazzo fottuto ha rovinato tutto. Mi ha gelato il sangue.
- E perché stai fermo? Perché non lo fai fuori, 'sto figlio di puttana? Fallo adesso, Gert, mettiglielo nel culo, dal Pozzo! Voi siete i santi, ricorda, io il ladro. Ho preso il mio. Quando esco di qua vado via.
Stringo il pugno, le unghie piantate nel palmo. Non ho risposta.
Fioco lume su un uomo che non pare di queste terre, rapace piccolo e nervoso, ai piedi, unica protuberanza, calzari solidi, lerci e veloci. Intuisco il gonfiore delle pistole e della bisaccia piccola, gonfia, crespo pelo corto sopra la strana barba, rada, curata cornice fino al pizzo, affilata lama nera che guarda a terra, i baffi sottili a disegnare l'arco di congiunzione al mento, bizzarra geometria di meticcio, uno spigolo tagliente che è meglio non incontrare nelle notti incerte di queste lande.

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